Anacronismi europei: la doppia sede del Parlamento.

Da quando ci dicevano (Berlusconi) che i ristoranti erano pieni ne è passato di tempo. La crisi economica mondiale è andata inasprendosi sempre di più. A pagarne le maggiori spese, come sempre, i paesi più deboli come il nostro. In questo clima, come è solito fare, si cerca di trovare l’origine di tutti i mali. E si sa, è molto più semplice cercarla e trovarla il più lontano possibile da noi stessi.

Molti, i più, puntano il dito contro l’Europa. Ovunque, nei paesi “più deboli” si intende, fioriscono partiti anti Europa ed anti euro (i vari Grillo e simili). Altri, come Renzi, propongono di cambiare le regole dell’Unione dall’interno, senza sabotare quanto di buono essa rappresenta. L’occasione per provare a cambiare qualcosa è provare a vincere le elezioni per il rinnovamento del Parlamento europeo che si terranno il 25 maggio.

Ma cosa andrebbe esattamente cambiato? La risposta è tutt’altro che di semplice risposta. La complessità dell’UE è testimoniata dalla durata dei processi che ne hanno portato alla formazione. Per certo si potrebbe iniziare dalla diminuzione degli sprechi. Il più evidente è quello che ci costa circa 180 milioni di euro all’anno che, in un momento nel quale 80 euro al mese, dicono (Renzi e renziani), possono rimettere in moto l’economia di un paese come l’Italia, non sono affatto pochi.

Tutti, o quasi, sappiamo che il Parlamento europeo ha doppia sede, una a Bruxelles e l’altra a Strasburgo. A queste due se ne aggiunge una terza, Lussemburgo, dove ha sede il Segretariato Generale. Strasburgo è il simbolo della riconciliazione franco-tedesca ed è stata scelta nel 1951 come sede della Assemblea Parlamentare della CECA. Le istituzioni della CECA avrebbero dovuto avere sede a Bruxelles, ma il compromesso tra i paesi fondatori portò a questa soluzione. Nasceva così, dopo i Trattati di Roma del 1958, l’Assemblea Parlamentare Europea con sede nella città alsaziana. Più tardi l’assemblea venne rinominata “Parlamento Europeo” e con l’accordo di Edimburgo venne stabilito che nella sede di Strasburgo si sarebbero dovute svolgere 12 sessioni plenarie all’anno. Decisione confermata nel 1999 dal Trattato di Amsterdam.

Ebbene, questa dispersione geografica del PE ci costa ogni anno una cifra compresa tra i 156 ed i 204 milioni di euro.I 435 km che separano le due città vengono percorsi da circa 5000 persone tra deputati, assistenti e personale amministrativo. I 766 deputati del PE e i 160 funzionari della Commissione hanno doppio ufficio, uno per ogni sede. Alcuni, 150, ne hanno addirittura un terzo in Lussemburgo. A tutto questo va aggiunto che le spese di riscaldamento e manutenzione della sede di Strasburgo sono annuali, ma la sede è utilizzata solo per 42 giorni.

Uno spreco di denaro che non fa sicuramente ridere. Potrebbe far ridere, o quantomeno sorridere, un rito di trasporto ai limiti del ridicolo che coinvolge ogni mese otto tir carichi di scatoloni e faldoni vari che  appare abbastanza anacronistico. Uno spreco difronte al quale tutti, o quasi, si indignano. Uno spreco difronte al quale le istituzioni, Il Consiglio dell’UE su tutte, sembrano rimanere indifferenti. Appare difficile superare soprattutto l’ostracismo della Francia, legata com’è alla sede di Strasburgo e a ciò che essa rappresenta. La decisione spetterebbe proprio al Consiglio Europeo che però delibera all’unanimità. Situazione quindi destinata a perdurare almeno fino a quando al romanticismo non subentrerà il buon senso. Almeno fino a quando si smetterà di guardare al passato e si inizierà a pensare al futuro. Ma basterebbe anche soltanto essere presenti nel presente. Nel drammatico presente.